Viaggio nella realtà virtuale

Viaggio nella realtà virtuale

L’esperienza di un film in 3D al cinema è ormai cosa comune e, tutto sommato, vedere Iron Man che esce dallo schermo e vola verso di noi non fa più impressione. Allo stesso modo da circa vent’anni, cioè da quando i videogiochi come Doom sono diventati popolari, l’idea di muoversi all’interno di un ambiente tridimensionale utilizzando una visuale in prima persona è ormai cosa nota e acquisita. Diverso però sarebbe potersi immergere completamente in un ambiente virtuale estremamente realistico.

Vorreste andare in vacanza senza muovervi dalla poltrona, provare sport pericolosi senza rischio di farvi male o vivere i videogiochi in modo completamente diverso? Questa è stata la promessa della realtà virtuale (VR) fin dai suoi esordi negli anni Cinquanta, ma solo ora sta cominciando a essere realizzata grazie a nuove tecnologie alla portata di tutti. Cosa rende quindi la realtà virtuale così particolare? Due cose soprattutto: l’adattamento della scena disegnata al computer ai nostri spostamenti e il feedback che l’ambiente virtuale restituisce al nostro corpo.

Se questi due aspetti funzionano bene insieme, nel nostro cervello accade una cosa particolare: non si ha più la sensazione di assistere a una scena, ma di vivere un’esperienza, che è cosa ben diversa. Affinché questo accada, il cervello deve essere ingannato attraverso l’invio ai nostri sensi di stimoli specifici e ben sincronizzati. Quel che i nostri occhi vedono, o le nostre dita toccano, traduce in impulsi elettrici interpretati dal cervello.

Una realtà tecnologica che inganna il cervello

La realtà virtuale cerca di ingannare sensi per far credere al cervello che si sta sperimentando un ambiente reale, anche se questo è stato generato al computer. La vista è senza dubbio il senso più importante, ma non l’unico, con cui il cervello riconosce l’ambiente circostante e posiziona noi stessi al suo interno. Ingannata la vista, si a metà dell’opera.

Per quello, il dispositivo fondamentale per la ricostruzione di un ambiente virtuale è un display che, per seguire i movimenti del nostro corpo, viene montato direttamente davanti agli occhi, attraverso un casco o degli occhiali più o meno ingombranti In inglese, questo dispositivo si chiama HUD. Oltre a occuparsi della visualizzazione delle immagini, un HUD che si rispetti deve poter rilevare la posizione e i movimenti della nostra testa e, possibilmente, dei nostri bulbi oculari, per trasmettere al computer informazioni su dove stiamo guardando, in modo che possa calcolare le immagini corrispondenti da inviare ai nostri occhi.

Se incliniamo la testa in basso, vedremo il terreno e i nostri piedi. Se la ruotiamo a sinistra, la scena 3D cambierà di conseguenza. Nei sistemi più moderni i movimenti della testa sono rilevati combinando i segnali in arrivo da tre diversi tipi di sensore: un giroscopio che rileva l’orientamento lungo i tre assi, un accelerometro che determina la velocità degli spostamenti e un magnetometro che stabilisce l’orientamento assoluto rispetto al nord magnetico.